Riyadh, la guida definitiva

Questa volta l’azienda mi spedisce a Riyadh che a volte si scrive con la “i” a volte con la “y” e a volte con tutte e due. Gli arabi semplificano e lo scrivono con una “i” che però non è proprio “i” ma è “ii”.

Riyadh è una graziosa città nel mezzo del nulla del deserto, lontana in ogni direzione da ogni forma di civiltà di almeno 500km. Riyadh è davvero, letteralmente, in mezzo al deserto.
“Farà un caldo boia” dico con sicurezza ai colleghi preoccupati su cosa mettere in valigia.
Le previsioni in effetti confermano parzialmente la mia affermazione e ci danno una temperatura massima di 25 gradi.

Parto con camicie, magliette di cotone e, giusto per il breve tragitto da casa fino all’aeroporto, un giubbottino leggero.

Atterro e mi godo una piacevole brezza che abbassa la temperatura a circa 20 gradi dai 25 delle previsioni. Il giubbottino me lo tengo anche solo per il vento.

All’arrivo mi fermano perché ci sono problemi col visto. Quello che viaggia con me invece passa senza problemi. Che problema potrà esserci visto che ho fatto io tutte le pratiche per tutti? Proprio la mia è sbagliata?
Sì, proprio sulla mia c’è qualcosa che non va.
Mi fanno sedere in una stanza piena di russi che vengono respinti alla frontiera. Ad alcuni portano da mangiare. Probabilmente sono fermi lì da almeno 10 ore e inizio a pensare che venire qui sia stata una pessima idea.

Torno dal tipo che mi ha mandato indietro la prima volta, mi spiega che il mio visto non è inserito nel sistema. Prova qualche parola di italiano per sdrammatizzare ed è a quel punto che mi gioco la carta “italiano nel mondo volemose bbene pizza calcio mandolino”.

Niente pizza e niente musica. La butto sullo sport.
“Ehi, capo frontiere, custode della sicurezza del paese, ultimo baluardo prima dell’invasione, ci sei andato a vedere la Supercoppa italiana di calcio? Giocavano qui, a Riyadh”
Al tipo gli si illuminano gli occhi. “Certo che ci sono andato! Il calcio è bellissimo!”
“Eh beh, pensa che Inter e Milan vado a vederli spesso allo stadio” (ho visto Milan e Inter due volte dal vivo in tutta la mia vita)
“Davvero? E chi tifi?” si ferma e mi scruta, questa è una domanda a trabocchetto, “tifi Inter o Milan?”
Ho il 50 e 50, divago per cercare indizi. “Eh eh, è stata un partita… intensa…”
“Una partita bellissima!”
L’Inter ha vinto 3 a 0, nessun milanista definirebbe mai “bellissima” una partita persa 3 a 0 contro l’Inter. Sorrido “Forza Inter, allora!”
“Ah! Tifi Inter? Anch’io! La mia squadra preferita!”
Gli stringo la mano ed è ora di tirare la rete. “Grande! Non fai entrare un interista?”
“Scherzi? Aspetta un attimo.”
Scribacchia qualcosa sulla tastiera e mi restituisce il passaporto. “Abbiamo corretto nel sistema il problema. Al prossimo ingresso sicuramente ti faranno qualche domanda in più… ma dovrebbe essere tutto a posto.”
“Semmai quando torno ti chiamo e ti porto la maglia dell’Inter, sai che Inzaghi viene in vacanza vicino a casa mia, a Forte dei Marmi? Andiamo allo stesso mare.” Non so cosa faccia il signor Inzaghi l’estate, ma se va a Forte dei Marmi non lo so anche perché io sto ben lontano da Forte dei Marmi anche se le poche volte che vado al mare, tecnicamente, siamo nello “stesso mare”… il Mediterraneo.

Il tizio sorride felice, si alza, mi stringe la mano e mi apre il cancelletto.

Salgo sul taxi che mi porta in albergo.
Credevo di trovarmi in una città nel bel mezzo del deserto, pensavo di trovare polvere e sabbia ovunque e invece tutte le strade sono pulite. Che da queste parti abbiano degli aspirapolvere giganti per pulire le strade?
No. Da queste parti non hanno giganteschi aspirapolvere per tenere pulite le strade. Da queste parti hanno un vento bastardo, incessante che ti corrode e ti leviga il cervello. Qui non hanno l’aspirapolvere gigante, qui hanno uno spingitore di sabbia.

C’è qualcuno che spinge il vento a spingere la sabbia? Ci sono spingitori di vento a Riyadh?

Superato il trauma eolico mi scaldo con l’aria condizionata a 15 gradi del taxi.

Lungo la strada Riyadh si mostra in tutta la sua tipicità di paese arabo. Dopo Dubai, Sharjah, Jebel Ali e Manama, posso confermare che nei paesi arabi uno dei passatempi più apprezzati sia quello di ammucchiare terra in giro lungo la strada.

Dovunque si trovano questi mucchi di terra. Che ai Riyadhesi piacciano da morire i sassi?
Il prossimo arabo che viene in azienda lo porto a Vicenza.

Lungo le strade la gente si tiene ben saldo il cappello, per chi ha il cappello, il velo per chi ha il velo e i capelli per chi non vuole perderli sotto le sferzate di questo vento bastardo.

La gente da queste parti va in giro con cosplay da ninja e da barattolo di marmellata e al contrario degli arabi che stanno in Italia, questi sono sempre felici, sorridono, ti danno indicazioni e sorprendentemente parlano tutti un inglese sufficientemente comprensibile.

Tipici abitanti di Riyadh:

Scendo dal taxi, sono da poco passate le due del pomeriggio e la temperatura è sotto i 20 gradi, inizio ad avere un sospetto che quelle previsioni non tengano conto degli sbalzi termici.
Esco per la cena e il vento incessante adesso porta con sé una temperatura di 10 gradi. C’è un freddo boia e sono solo col mio giubbottino primaverile. Non avrei mai detto di ritrovarmi a comprare un piumino nel mezzo del deserto.

Il giorno dopo inizia la fiera, sono qui per progetti, nuove costruzioni e tutto è “grande”. Ma non è grande nel senso di “grande”. Qui tutti i progetti non sono “big” e nemmeno vengono definiti “mega”, qui ci sono opuscoli ufficiali governativi che parlano di “giga progetti”.
Qui è tutto giga. Lo dicevo io che c’erano da qualche parte anche i giga aspirapolvere.

A Riyadh non c’è niente da vedere. Ogni tanto qualche moschea. Anzi, ogni poco qualche moschea, poi mucchi di terra e piccoli mercatini.
In compenso il tè, il caffè sono cose per cui starei tutto il giorno al bar ad assaggiarli tutti. E poi si mangia bene, soprattutto il libanese o un qualunque piatto di capra.

Quindi per chi dovesse fare una vacanza a Riyadh consiglio di fare come fanno tutti i sauditi: il venerdì prendono la macchina, attraversano un ponte che porta direttamente in Bahrein e vanno lì a ubriacarsi.

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