La teoria delle stringhe a casaccio

La pargola ormai ha una certa età ed è ora che impari ad allacciarsi le scarpe per bene. Non con un accrocchio di lacci rigirati e buttati dentro la scarpa, ma con un vero nodo da buon marinaio.

Anche io ho imparato a fare un vero nodo alle scarpe alla sua età e poi subito dopo, diciamo 6 mesi dopo, la moda del tempo imponeva che tutti andassero in giro con le scarpe slacciate. Ed è per questo che io invece le ho sempre tenute allacciate nei modo più impensabili, con fiocchi tipo uovo di pasqua, roba attaccate alle stringhe, ogni cosa pur di mostrare che io sapevo allacciarmi le scarpe sul serio e ora che avevo imparato non avevo nessuna intenzione di smettere.

Preparo la lezione sul tavolo. Lavagna per spiegare i momenti topici della sequenza, modellini di scarpe di vario genere e misura e soprattutto diversi usi. Ci sono le scarpe da corsa, da passeggio e da arrampicata, ognuna deve essere allacciata in un modo diverso per stringere il piede in base alla situazione.

Sul tavolo c’è il manuale degli scout, il manuale delle giovani marmotte e quello del bondage autografato da Rocco Siffredi. Quest’ultimo libro, però, decido che è meglio farglielo vedere fra qualche anno, tipo fra 40 o 50, adesso credo che sia troppo presto.

Speravo che nel 2022 ci sarebbero state le scarpe laser con lacci laser e tutto automatico e invece non abbiamo niente di laser, non abbiamo poltrone laser, macchine laser, macchine volanti e non abbiamo nemmeno lo skateboard volante di Ritorno al Futuro 2 che aspetto dal 2015.

Mi rassegno a insegnare l’uso di scarpe non laser con lacci non laser.

Forse preso dall’emozione e dalla sindrome della cattedra, all’improvviso non mi ricordo come si allacciano le scarpe, faccio qualche prova, un dito mi resta in mezzo ai lacci e fingo di averlo fatto apposta. “Ecco, vedi, così NON si fa, altrimenti ti resta il dito dentro”.

Sul manuale dei boy scout si parla di nodi Savoia e in questo momento storico fra nostalgici di ogni genere, forse è meglio evitare e andare su qualcosa di diverso.
Proviamo con un nodo semplice: quello che so fare io e che mi ha permesso di sopravvivere fino alla mia veneranda età.

Non so che nome abbia questo nodo. Funziona e questo è abbastanza.

Giro i lacci, li faccio scorrere e mi assicuro che la pargola segua ogni passo. Probabilmente non lo fa perché mi guarda con la tipica espressione di chi ha visto per la prima volta la teoria delle stringhe spiegata da Sheldon Cooper: cioè finge di aver capito e annuisce.

La metto alla prova e le chiedo di ripetere il nodo.
Perde un dito fra i lacci e mi guarda imbarazzata. Ritrova il dito annodato e quando lo districa la scarpa è ancora slacciata come prima.

La guardo con aria di superiorità: “Non stai pensando quadrimensionalmente“.
Lei è ancora più perplessa “Non ho capito”.
Sospiro rassegnato e ripeto il nodo che però mi viene fuori diverso da prima. Fingo indifferenza. “Ecco qua. Un bel nodo”.
“Non è quello di prima” mi fa notare.
In effetti io lo sapevo già che sarebbero usciti fuori diversi perché non ho mai fatto nodi uguali in vita mia e ogni volta vado un po’ a caso. Ma in questo momento non posso mollare il punto.
“Certo che è uguale”
“Non sembra proprio”
“Lo è quadrimensionalmente. Devi considerare il tempo”
Lei guarda fuori dalla finestra in un’erronea interpretazione del concetto di “tempo”.
“Ora ho capito” mi dice sicura.

Prova a rifare il nodo e le viene un accrocchio di lacci che stanno insieme per qualche strana legge dell’appiccicosità o della gravità o dell’energia elettrostatica. Chissà.
Dà due colpetti alla scarpa e soddisfatta mi guarda. “Ecco qua. Nodo fatto.”
Sono perplesso. “Quello non è un nodo”.
“È come quello di prima”
“Cioè?”
“A caso. Ma sta su”

Ed è allora che capisco la teoria delle stringhe, quella vera, e tutte le leggi che governano l’universo.
Tutto è casuale, tutto senza un senso. Tutto è come un gigantesco nodo che sta su non si sa perché e nemmeno per quale scopo.

Puoi cercare leggi, regole e formulare teorie. Puoi fare quello che ti pare, ma in fondo l’unica legge che conta davvero è quella delle “cose a caso”.

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