Il Gran Premio di Formula Uno dal vivo

Lo sport non avrà più spettatori dal vivo ancora per qualche mese e la Formula Uno non è da meno. Sì, anche la Formula Uno è uno sport vero e tra qualche riga sarà chiaro il perché.

Settembre 2017. Sono a caccia di pagamenti da un cliente nella ridente Singapore che di ridente non ha proprio niente. Provate infatti a ordinare un panino e una birra e vedrete che smetterete di ridere appena vi dicono quanto avete speso.

Il mio viaggio di lavoro coincide con la settimana del Gran Premio di Singapore. Non sono fan della Formula Uno, mi addormento dopo 10 giri e non ho mai guidato a più di 129km/h in autostrada. Sono degli ottimi motivi per cercare il biglietto più economico.

Per 120€ mi assicuro l’accesso al settore 4, ben lontano dal traguardo e da tutto il red carpet del mondo delle corse. Scorro la lista di tutti gli eventi che si terranno nel fine settimana di gara in quel settore. Ci sono giocolieri, rappresentazioni teatrali all’aperto, dj set e il concerto dei Duran Duran.

Scorro la schermata al contrario. Guardo meglio. Spengo il computer, lo riaccendo, ricarico la pagina. Sì, i Duran Duran casualmente saranno a Singapore negli stessi giorni in cui ci sarò io.
Per 120€ ho il biglietto del concerto dei Duran Duran e tanti saluti a delle puzzolenti e rumorose macchine che sporcano strade pulitissime.

Durante il volo mi studio la mappa del circuito, il mio settore, i passaggi da una parte all’altra (ho risparmiato sul posto a sedere e quindi non ho un posto a sedere). Controllo i risultati degli ultimi anni e le statistiche dei sorpassi. È deludente: a Singapore non ci sono sorpassi.

Con 5 ore di anticipo sono dentro al circuito, passeggio per il parco, controllo gli angoli migliori da cui potrei forse vedere qualcosa. Inizia a balenarmi in mente l’idea che forse non vedrò proprio niente. Sento il rumore di macchine che passano da qualche parte intorno a me, sono Ferrari e Porsche di un campionato minore e intuisco che stiano sfrecciando sulla strada dietro la recinzione metallica.

Faccio un giro fra le bancarelle affollatissime di gente che si accalca per comprare delle camicie di Ferrari, Red Bull e Mercedes a 120€. Desisto e proseguo. Trovo uno stand che espone cartelli in cui si millantano incredibili sconti, mi ci fiondo dentro e trovo, per l’equivalente di 40€, la camicia della Lotus. Sono tentato di acquistarla e diventare fan della Lotus, controllo il depliant della gara e scopro che la Lotus non corre. La Lotus è fallita qualche anno fa, come mi suggerisce Wikipedia.

Mi accordo alla fila per accedere al simulatore. Sono all’ombra di uno strano albero con fiori arancioni e la temperatura è poco più di 40 gradi. Mi sto per sciogliere quando arriva il mio turno. Mi infilano dentro una specie di vasca da bagno e fanno partire la simulazione del circuito. Nonostante io conosca alla perfezione il tracciato, non ne indovino una. La vasca da bagno si trasforma in una lavatrice intrisa del mio sudore, vengo sbattuto contro le pareti, avanti e indietro, do una testata al volante e mi sembra di vedere perfino una Lotus che mi sorpassa.
Chiudo il mio giro all’ultimo posto con 3 minuti di distacco dal primo.
Forse la Formula Uno è uno sport vero. Si suda, si prendono botte e si fanno figuracce.

Abbandono ogni velleità di pilota e vado a prendere posto al Padang Park perché di lì a due ore i Duran Duran inizieranno il loro inaspettato, per me, concerto.

L’ingresso di Simon è da manuale: “siete qui per sentire buona musica o per vedere delle merdose macchine puzzolenti fare casino?”
Applausi.
Una cinquantenne vicino a me lancia il reggiseno sul palco e un ragazzo con una canna viene portato via di peso dalla polizia che non lesina qualche manganellata.

La gara inizia sotto la pioggia e io mi piazzo strategicamente vicino alla curva più bastarda del mio settore: o vedo dei sorpassi o qualcuno si schianterà proprio lì.
E invece sono le Ferrari, insieme, a schiantarsi nello stesso momento dopo la prima curva.
Appena la safety car dà il via libera, un tizio russo su una macchina blu si schianta a pochi metri da me. Evviva.

Attorno a me sono tutti vestiti di rosso, me ne rendo conto solo ora. Sono tutti tifosi della Ferrari e tutti sono qui solo per vedere le Ferrari che partivano prima e seconda in griglia. Sono tutte e due fuori dopo 10 secondi, lo abbiamo visto dallo schermo.
Si guardano intorno spaesati e inveiscono tutte le volte che passa una macchina grigia. Cioè una volta ogni 2 minuti.

Oggetti rumorosi passano a pochi centimetri da me, forse uno era una McLaren.
Da quel che ne so uno poteva pure essere una Lotus.

Dietro di me lo stand della Heineken è pieno di gente. Vado a controllare cosa c’è di bello. C’è solo un megaschermo in cui si vede il Gran Premio. Mi sfugge la logica per cui si dovrebbe venire qui a vedere il Gran Premio per poi guardarlo su uno schermo.
Quando una meravigliosa singaporese/singaporegna in minigonna mi offre una birra gratis capisco il perché.
La birra gratis vince sempre.

Cambio punto del tracciato e noto che solamente chi ha pagato il posto a sedere se ne sta a sedere davanti al megaschermo per guardare la gara. Gli altri vagano per il parco alla ricerca di birre gratis o gente con cui condividere una birra. In pratica la maggioranza dei paganti non sta guardando il Gran Premio. Un tizio americano mi abbraccia, mi offre una birra (che probabilmente costa mezzo mio stipendio visti i prezzi medi di questo posto infame) e io gli chiedo “cosa fai qui?”, lui risponde “non lo so” e questo per me è il vero spirito della Formula Uno.
Perché continuare a correre lungo una pista ricavata da un centro abitato se non per la manifestazione di un’incompletezza esistenziale? Anche i piloti probabilmente risponderebbero lo stesso.
Oppure direbbero “perché mi pagano”, e allora forse tutto questo avrebbe un senso.

Un tizio su una macchina inspiegabilmente rosa si schianta qui vicino, un pezzo di alettone vola per aria. Sulla tribuna tutti sembrano felici.

Ha smesso di piovere, i piloti montano gomme da asciutto, controllo la mappa per raggiungere una curva cieca in cui statisticamente qualche poveraccio si schianta ogni anno.
E infatti un tizio con una macchina blu si spalma sul muro dopo pochi minuti dal mio arrivo. Questa volta sembra non interessi a nessuno degli spettatori.

Mentre lo trainano fuori dal circuito, finalmente riesco a vedere una macchina di Formula Uno. È bassa e piccola. E questo è tutto.

La gara finisce, fuochi d’artificio e la Heineken inizia a far pagare le birre, quell’angelo in minigonna non c’è più e mi tocca davvero pagare per l’ultima birra della serata. Ma prendo una Tiger, prodotto tipico della città, mica una robaccia olandese di importazione! (no, solo perché la Tiger semplicemente costa meno)

La serata prosegue con un dj set di Calvin Harris, tizio che non conosco e che scoprirò in aeroporto essere uno famosissimo. Ma io non lo sapevo e me ne sono tornato a dormire.

La sintesi di un Gran Premio di Formula Uno dal vivo è esattamente quello che mi aveva detto Simon Le Bon poche ore prima.

Quanta saggezza, quanta poesia, sono fradicio per la pioggia, stanco, è mezzanotte e devo prendere un costosissimo taxi. Domani mattina alle 6 mi devo alzare per prendere l’aereo:

Don’t say a prayer for me now
Save it ‘til the morning after
No, don’t say a prayer for me now
Save it ‘til the morning after

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