Arriva Babbo Natale

In città era tutto pronto, la piazza era allestita per l’occasione con bandiere, festoni e luci colorate. Finalmente il mondo intero avrebbe conosciuto la verità.

La scoperta annunciata da un gruppo di esploratori nei ghiacci delle Isole Svalbard era stata sensazionale: Babbo Natale esisteva veramente.

Ancora più sensazionale fu il fatto che lui avesse accettato di comparire per la prima volta in pubblico. C’erano voluti i più grandi esperti di comunicazione e psicologia del mondo per parlare con un personaggio così schivo. Non era stato facile fargli cambiare idea e convincerlo a mostrarsi a tutto il mondo. Lo aveva fatto per i bambini, si diceva.

Babbo Natale, dunque, era reale e stava per mostrarsi. Gli scienziati avevano già avvisato che non si trattava del vecchio rubicondo vestito di rosso presente nell’immaginario collettivo. Era tutt’altro ed era qualcosa che non si era mai visto prima. Ma niente di più era stato rivelato.

Sul reale aspetto di Babbo Natale erano state fatte molte ipotesi. Si ipotizzava che fosse un alieno rimasto bloccato sulla Terra; che fosse una creatura fantastica appartenente ad una specie ormai estinta. Si parlava addirittura del fatto che fosse stato lui ad inventare il natale e che fosse in grado, tramite messaggi telepatici, di convincere le persone a festeggiare tale ricorrenza. Quella sera ogni domanda avrebbe avuto la sua risposta.

La piazza aveva iniziato a riempirsi sino dall’alba, le persone si accalcavano imbacuccate nei loro cappotti in attesa. Era stato allestito un megaschermo e banchetti con cibi e bevande.

Milioni di persone seguivano le diretta da casa, davanti al televisore. Si preannunciava il più alto share della storia. A partire dal mattino erano state trasmesse rubriche natalizie, approfondimenti scientifici sulla telepatia e talk show con stilisti ed esperte di moda che discutevano del vestito che Babbo Natale avrebbe indossato per presentarsi quella sera. Gli sponsor avevano fatto a gara per accaparrarsi uno spazio pubblicitario durante quella lunghissima giornata.

I ricercatori avevano assicurato che Babbo Natale si sarebbe presentato alle nove in punto, sarebbe arrivato volando su un mezzo a noi sconosciuto. Il traffico aereo in tutta l’Europa fu bloccato per evitare interferenze. Non fu un problema: quando la data della rivelazione fu resa nota, tutte le persone che avevano in programma di essere in volo in quel giorno, annullarono il loro biglietto per assistere all’evento. Nessun si sarebbe messo in viaggio per nessun motivo.

L’ora dell’apparizione era vicina, mancavano pochi minuti. La piazza era in fermento, il mondo intero assisteva incollato allo schermo con il fiato sospeso. Babbo Natale stava per arrivare. Era l’evento del secolo e forse uno dei più importanti della storia dell’umanità.

Gli occhi dei presenti puntarono il cielo stellato scrutando tutta la volta celeste. Non si conosceva con esattezza il punto da cui sarebbe comparso l’oggetto volante che tutti stavano aspettando.

Una piccola luce, delle dimensioni di una stella si mosse in modo lineare a velocità costante. Poteva benissimo essere scambiato per uno dei tanti satelliti che riempiono i cieli, ma la luce cambiò direzione, si ingrandì lentamente, scese a spirale verso la piazza. Diventò più grande e più luminosa. La luce si sdoppiò, quell’oggetto allungato aveva due fari nella parte anteriore.

Applausi dalla piazza, alcuni si strinsero le mani gli uni con gli altri per l’emozione.

L’oggetto non emetteva alcun rumore. Si intravide una sagoma a cavalcioni di quel velivolo. Era lui, era certamente lui e stava per arrivare. Tutto il mondo stava finalmente per conoscere Babbo Natale. Qualcuno scoppiò a piangere, altri alzarono le braccia al cielo.

Il velivolo diventò visibile. Niente slitta e niente renne, i ricercatori lo avevano detto. Dal cielo stava scendendo un oggetto più simile ad un missile e Babbo Natale vi era seduto sopra, lui aveva la forma di un uomo, ma era magro, niente gote rosse né barba lunga. Fu illuminato da un faro da terra. Indossava una tuta grigio scuro ed un casco, sembrava un normale pilota di aerei. Sollevò la visiera e mostrò un viso grigio e due piccoli occhi neri. Non aveva la bocca.

Scendeva lentamente, silenzioso, senza alzare turbini di vento come avrebbero fatto i moderni velivoli. La propulsione di quell’oggetto sarebbe sicuramente diventata oggetto di studio.

Gli spettatori da casa erano in piedi, trepidanti, si davano di gomito, saltellavano davanti agli schermi per l’impazienza.

«Ora o mai più,» gridò un uomo dalla piazza.

Decine di fucili puntarono il cielo.

«Fuoco o se ne va via!»

A ripetizione spararono verso il velivolo. Il resto della piazza incitava, «Prendilo! Prendilo!», «Spara più in alto!», «Mirate al motore!», «No, mirate alle gambe!»

L’oggetto fu colpito, emise una fiammata dal retro, oscillò a mezz’aria. L’essere a bordo perse l’equilibrio per un istante, recuperò il controllo del mezzo e ripartì in una nuvola di fumo nero, il mezzo sputò altro fuoco e precipitò tra i palazzi vicini.

«Andiamo a prenderlo!»

La folla corse a perdifiato tra i vicoli del paese.

«Non fatevelo scappare!»

Un profondo cratere ancora fumante identificava il luogo dell’impatto. Dell’essere neanche l’ombra. I bambini piansero per la delusione, gli adulti poggiarono i fucili, sbuffarono delusi. A casa gli spettatori sprofondarono nei loro divani e cambiarono canale.

La folla si disperse.

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