Dottore chiami un dottore

Devo fare un esame, devo controllare cosa sta succedendo in un preciso punto del mio ormai rottamabile corpo provato da mille inutili partite, tuffi sul cemento e bizzarri infortuni, oltre che da innumerevoli degustazioni di vino.
Devo sottopormi ad un costoso esame che bombarderà la mia gamba con onde che, adesso, nel 2018, diamo per innocue ma che, magari fra pochi mesi, risulteranno devastanti e portatrici di tragiche e/o sconosciute disfunzioni, malattie e morti atroci.

Ma fondamentalmente mi frega poco del pericolo che sto per correre, io sono un eroe in questi casi; il mio livello di rispetto per la vita è talmente basso che mi vedo già, con fare orgoglioso dalla mia nuvoletta, leggere i titoli di giornale e le sigle di apertura dei programmi di intrattenimento per casalinghe e pensionati  come Studio Aperto o il Tg4; li vedo che celebrano il mio nome come uno dei caduti della malasanità. Mi giro verso l’eventuale divinità e gli dico, indicando la Terra : “Ehi, hai visto che figo che sono?”

Comunque non è questo il mio pensiero principale.
Sono tormentato dal fatto che il medico possa non trovare niente di strano.
Ho il terrore che lui, una persona che vive in funzione delle disgrazie altrui con le quali si paga il Cayenne, possa dire “non c’è niente, non la devo curare, è libero”.

No. Non si può. Soprattutto perché se io spendo 100 euro per un esame potenzialmente letale a causa delle onde di cui sopra, pretendo ed esigo, dato che provo quotidianamente un dolore atroce, di essere malato; voglio avere qualcosa di grave, ma facilmente curabile, ovviamente.

Il dottore apre la busta con il referto. Lo esamina, lo gira e rigira fra le mani. Lo ripone dentro la busta e me lo porge.
“A posto, non ha niente.”
“No.”
“No cosa?”
“Devo avere qualcosa, per forza.”
“No, non c’è niente, non si vede niente di anomalo.”
“E allora questo dolore maiale che scandisce la mia giornata con una spada rovente che mi lacera la carne…. cosa sarebbe?”
Il dottore si accende una sigaretta, si appoggia allo schienale della poltrona, mette le mani dietro la testa. “Boh?”
“Dottore, a parte la sigaretta in uno studio medico, ma come boh?”
“Avanti un altro.”

No.
Non deve andare così, non si può.

Il dottore apre la busta con il referto. Lo esamina, lo gira e rigira fra le mani. Lo ripone dentro la busta e me lo porge. Sospira e scuote la testa.
“Dottore, mi dica.”
“No…è che…”
“Dica”
“Come spiegarlo….”
“Dica.”
“Vede, è un disastro.”
“Grazie, per un momento ho pensato che non avesse trovato niente.”

Il dottore sorride rilassato, si accende una sigaretta, si appoggia allo schienale della poltrona, mette le mani dietro la testa. “Ma le pare, si figuri. Lei dovrebbe morire…. ora.”

Sì, andrà così. A quel punto io muoio e mi godo lo spettacolo del giorno seguente dalla nuvoletta.

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